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Competizione insensata

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Vincenzo Rossano | Attualità EAF

Sempre più spesso ci imbattiamo in pagine di giornali che titolano riguardo lauree conseguite in tempi record o di ragazzi e ragazze prodigio, con voti eccellenti, tanto speciali da avere un articolo a loro dedicato, come se la ricerca dell’esame perfetto e della competizione sfrenata siano normalità.

Ma questo fenomeno è davvero utile al resto degli studenti? E, soprattutto, è contestualizzato abbastanza?


Sia chiaro: le eccellenze vanno riconosciute. Ogni mese si laureano migliaia di studenti in tutta Italia ed è giusto celebrarli. Ma solo per una manciata di loro escono articoli che, il più delle volte, non sono pubblicati per esortare o ispirare i lettori e le lettrici ma, anzi, sembrano quasi voler mortificare chi non ottiene gli stessi risultati “record”. Infatti, lo studente di turno viene dipinto come un eroe del quale, però, si menzionano solo l’età e il titolo di laurea conseguito, senza specificare altri dati, quali l’anno accademico. Il citare, faziosamente, soltanto l’età è una distorsione. Infatti, spesso tralasciamo che le classi si formano in un modo ben preciso, cioè prendendo le coppie di anni (ad esempio: anno accademico 2022/2023); pertanto ci sarà chi compirà gli anni prima di qualcun altro, pur laureandosi nello stesso anno universitario. Così come trascuriamo il fatto che ci sarà chi ha vissuto esperienze e vicende personali che possono averne rallentato il percorso, come lutti o malattie o semplicemente tempi di apprendimento differenti.


Ulteriore danno che questi articoli provocano è il prendere come modello dei soggetti che, nella maggioranza dei casi, hanno avuto maggiori possibilità, specialmente economiche. Inoltre, è innegabile che le Università siano parecchio diverse tra loro, a partire dalle distinzioni tra pubbliche e private, telematiche o tradizionali e via dicendo. Pertanto, anche il percorso di studi risente inevitabilmente del contesto universitario, a seconda se la propria Università sia maggiormente organizzata o presenti, ad esempio, la possibilità di seguire le lezioni da remoto oppure agevolazioni quali la possibilità di discutere un esame in più appelli. Il tutto, va poi inserito nel singolo contesto psicologico e sociale del soggetto.


Alimentare questa modalità di competizione, quindi, è soltanto insensato e deleterio, perché si trascura il dato fondamentale: siamo esseri umani, non numeri.

A dirlo, sono stati anche gli esperti: secondo lo studio dell’OCSE svoltosi a Pisa nel 2015, gli studenti italiani avevano un peggiore rendimento scolastico anche a causa dell’ansia e dello stress che pativano. Anche l’Ordine degli Psicologi ha lanciato l’allarme nel 2020, affermando che i giovani hanno sempre meno fiducia nel loro futuro.



Tali articoli, quindi, facendo credere che l’età e la fretta definiscano tutto, generano inevitabilmente una concezione errata della realizzazione di sé, aggravando le angosce di percorsi già interminabili e complessi. Basti pensare che adesso, rispetto al passato, per alcuni percorsi post universitari, bisogna persino accedere a delle scuole di specializzazione da coniugare con la pratica, allungando i tempi di studio e impedendo che si possa divenire presto lavoratori e indipendenti. Per non parlare dei tirocini che si trasformano in sfruttamento o ai lavori precari e sottopagati.


Sembra che oggigiorno i titoli non bastino mai. L’abbellimento del curriculum, la corsa al voto, il vanto sui social sono solo alcune delle manifestazioni di disagio nelle quali ci imbattiamo ogni giorno. Premiare l’eccellenza non significa mortificare chi, per una qualsivoglia ragione, a quell’eccellenza non potrà arrivare. Premiare il merito significa comprendere che

non tutti partiamo dallo stesso gradino. Quante volte abbiamo trovato news relative a ragazze e ragazzi depressi, che hanno compiuto addirittura un gesto estremo come il suicidio? Oppure notizie relative ad eventi organizzati per festeggiare false lauree? Nonostante ciò, tutto viene copiosamente fomentato da quegli articoli letteralmente inutili e deleteri.


La società ci vuole veloci, è vero. Ma abbiamo scambiato il benessere e la serenità con la velocità e l’esaurimento, dimenticandoci che una buona produzione non dipende sempre dalla speditezza con cui viviamo.





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