Alexssandra Minissale | Attualità EAF
Cento cani su una gatta. No. Sette uomini su una donna.
Palermo, 7 luglio scorso. Una ragazza di 19 anni viene stuprata ripetutamente da 7 ragazzi in un cantiere abbandonato. Non delle bestie, non dei mostri – come li hanno chiamati – ma sette giovani uomini. La giustificazione della violenza non è mai legittima e la retorica del mostro ha stancato, mentre questa giovane donna è stata abusata, picchiata, filmata, abbandonata sul ciglio della strada dolorante e ricattata.
Siamo di fronte all’ennesimo caso di violenza di genere, l’ennesimo caso in cui il corpo e la voce di una donna non vengono rispettati, ma umiliati, azzittiti, non considerati, ridotti a cosa, a proprietà. La vittima di tale violenza diventa oggetto, diventa strumento passivo da prevaricare. Nessuna considerazione, nessun rispetto.
Ci riguarda tutti? Sì, dire che gli uomini non sono tutti uguali e che questi sono casi isolati non ci servirà e non ci salverà. Perché la violenza di genere non è un caso isolato. Il problema di questi eventi sistemici non è da ricercare nelle mele marcie della società, perché “lo stupratore non è malato, è figlio sano del patriarcato”. Perché la violenza di genere è un fenomeno strutturale e non emergenziale, presente in tutti i ceti sociali, in tutte le età, livelli di istruzione, status economico e affonda le proprie radici nelle disuguaglianze strutturali della nostra società.
In Italia, secondo l’Istat, una donna su tre ha subìto nella propria vita una qualche forma di violenza psicologica, fisica o sessuale. Una donna ogni due giorni viene uccisa per mano di un uomo. La violenza di genere non deriva dalla devianza ma da una cultura misogina e patriarcale interiorizzata. E cosa stiamo facendo noi nel concreto per contrastare tutto questo? E quanto capiremo che l’antidoto è l’educazione? Un’educazione che contrasti una visione gerarchilizzante e fusionale del rapporto amoroso spesso fondata su rigidi stereotipi di genere ed essenzializzazioni della differenza.
Oggi più che mai diventa essenziale fornire gli strumenti e le competenze per promuovere e stabilire un rapporto più aperto con sé stessi e con gli altri, rispetto anche alla sfera intima, relazionale ed emotiva. Il genere riguarda tutti e tutte e non è una questione prettamente femminile. Quindi, uomini, non credetevi assolti. Non chiedete scusa in nome di chi commette atti di violenza nei confronti delle donne, perché non ci serve, perché non basta più. È arrivato il momento di mettervi in discussione, di agire. Educatevi alla parità, al rispetto, educatevi oltre gli stereotipi di genere e oltre la mascolinità tossica, cominciate a parlare concretamente della responsabilità maschile alla violenza di genere ed educate poi i più piccoli – i vostri figli e non – perché loro sono il futuro. Dobbiamo cambiare quello che insegniamo ai maschi e quello che insegniamo alle femmine, fin dall’infanzia. Ma dobbiamo smetterla di insegnare alle donne a proteggersi, perché siamo stanche di avere paura, perché siamo stanche di doverci proteggere da voi.
“Ecco da dove cominciare: dobbiamo cambiare quello che insegniamo alle nostre figlie. Dobbiamo cambiare anche quello che insegniamo ai nostri figli” - Chimamanda Ngozi Adichie
L’educazione di genere, in fondo, è un percorso volto al contrasto delle disuguaglianze e delle discriminazioni, alla cittadinanza della pluralità, allo sviluppo di abilità relazionali, in un costante dialogo con le proprie e le altrui aspirazioni. Non giriamoci più dall’altra parte perché non è successo a noi, perché sta già succedendo a noi.
Bibliografia:
- Ghigi R., Fare la differenza. Educazione di genere dalla prima infanzia all’età adulta, Il Mulino, Bologna 2019.
Libri consigliati:
- Priulla G., C’è differenza. Identità di genere e linguaggi: storie, corpi, immagini e parole, Franco Angeli, Milano 2013.
- De Beauvoir S., Il secondo sesso, Il Saggiatore, Milano 2016.
- Chimamanda N. A., Dovremmo essere tutti femministi, Einaudi, Torino 2015.
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