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Normativa di genere: il Codice Rosa e il Codice Rosso

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Vincenzo Rossano | Attualità EAF

Negli anni, grazie anche all’operato di associazioni e alle manifestazioni per sensibilizzare l’opinione pubblica, il legislatore è intervenuto, cercando di rafforzare la normativa in materia di tutela e prevenzione dei femminicidi.


In particolare, gli interventi più importanti sono stati “codice rosa” e il “codice rosso”, ottenuti soprattutto grazie alle spinte dell’Unione Europea e in attuazione alle direttive della stessa.



Il Codice Rosa (altresì “percorso di tutela delle vittime di violenza”) è un percorso di

accesso al Pronto Soccorso riservato a tutte le vittime di violenza, diffuso a livello nazionale dal 2015.

Esso mira a proteggere soprattutto donne, bambini e persone discriminate, ed è attivabile nell’ambito di maltrattamenti e abusi in famiglia. Tramite questo meccanismo, si creerebbe un coinvolgimento multi professionale e multi istituzionale, chiamando all’azione il personale medico, infermieristico e giudiziario.


Il Codice Rosso (ufficialmente “modifiche al Codice penale, al Codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere”), invece, rappresenta una svolta in ambito legislativo senza precedenti. Esso è stato varato con la legge n. 69/2019, la quale ha inciso fortemente sul codice penale. Nel testo, si evincono inasprimenti per alcuni reati e se ne introducono di nuovi, come il revenge porn. Infatti, la legge in questione mira a creare un duplice effetto, sia deterrente che punitivo, di coloro che commettono tali illeciti penali.


La caratteristica che accomuna questi due codici, è la qualità del soggetto da proteggere: donne o bambini e, in senso lato, anche uomini, che subiscono soprusi, violenze e discriminazioni gravi in ambito familiare, ove il carnefice è un soggetto conosciuto, con il quale il più delle volte si convive.


Quando scatta l’attivazione dei codici rosa e rosso, si genera una vera e propria “corsia preferenziale”, al fine di garantire un migliore e tempestivo coinvolgimento delle autorità. Le Procure della Repubblica sono molto indaffarate: tante persone devono compiere il proprio dovere e, inevitabilmente, dedicare più tempo ad alcuni casi che ad altri. Lo stesso, accade, mutatis mutandis, negli ospedali. Tramite questi due Codici Rosa e Rosso, si evita che i casi delle vittime vengano postposti, così da trattarli tempestivamente e gestire rapidamente gli allarmi.


Bisogna affermare che, purtroppo, le normative, seppur importantissime, restano carenti in alcuni punti, perché spesso ambigue o poco attente al concetto di “vulnerabilità”.

La pena, nell’ordinamento italiano, deve avere uno scopo preventivo (agendo come deterrente al compimento di reati), punitivo e rieducativo (per punire il soggetto e reinserirlo nella società dopo un percorso di recupero). Ma i codici rosa e rosso da soli non bastano. Sebbene, infatti, l’ordinamento abbia tentato con queste innovazioni di proteggere maggiormente le vittime, in realtà la radice del problema permane, perché l’educazione di genere è un fattore completamente tralasciato. La violenza di genere, infatti, non è una questione solo privata, ma un vero e proprio problema sociale che affonda le sue radici in una parte dei nostri retaggi culturali. Solo un intervento a 360 gradi può davvero incidere e cambiare la società.





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